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22-4-2022
Padre Aldo ci invia questo messaggio
Triduo Pasquale
Uno dei regali più belli della quaresima è stato quello di sentire un invito pressante a cercare di
riconoscere Gesù stesso in ognuno dei tanti che ogni giorno vengono a chiedermi qualcosa.
Una vera grazia interiore, che non mi era mai successa in forma così esplicita. Ancor prima di aprir
bocca, ricevo l'avvertimento "sta attento: questo sono io".
Così mi preparo, e sapendo che è Gesú travestito, cerco di trattarlo con più attenzione e
benevolenza. Mi sono meravigliato di me stesso, perché riconoscevo di non essere da solo a
rendere possibile questo riconoscimento. Fin dall'inizio di questa grazia, quando la persona se ne
andava, mi veniva spontaneo di farne memoria, se così posso dire, cioè di registrare l'incontro
nella memoria, da conservare nella cartella "Gesù, oggi".
Alla sera, prima di addormentarmi, mi veniva spesso il desiderio di riesaminare gli incontri del
giorno. Dopo un po' è divenuta una scelta, una determinazione, di non lasciare che si
confondessero, questi ricordi, con tutti gli altri di differente qualità. Più volte m'è venuto il
desiderio di prenderne nota per iscritto, ma come fare, col sonno che sempre ne accompagnava il
riesame? Lasciavo perdere: in fondo era una cosa solo mia.
A farmi decidere di fissarne per me il ricordo, è stata l'occasione che si è presentata Venerdì
Santo a notte. Volevo seguire la via crucis del papa a Roma alle ore ventuno in eurovisione,
trasmesse da Rai Internazional. Alla fine della prima stazione suona il cellulare. "Ah, è del tale!"
Uno che sempre viene a lamentarsi di essere vittima di soprusi. Rispondo per cortesia, ma già con
un po' di rimorso per essermi sentito scomodato, perché siamo dopo le nove di sera e sto
seguendo la via crucis col papa. Ma è il travestimento scelto da Gesù e scaccio la tentazione di
essere scomodato. Mi racconta che ha fatto tardi a rientrare in un condominio con guardiano, il
quale si rifiuta di aprirgli il cancello. Mi prega di telefonare alla direttrice del condominio, che
conosco personalmente, per onvincerla a telefonare a sua volta al guardiano, per far aprire il
cancello.
Accetto e telefono, ma questa non risponde. Le mando allora un messaggio e ritorno alla
televisione. A metà della terza stazione suona i telefono: è la direttrice. Mi infoma che il guardiano
aveva aperto, ma fuori non c'era più nessuno. Ascolto la lamentela che la direttrice fa del mio
amico, con pazienza. Torno alla via crucis. Passano due stazioni e il telefono suona di nuovo. È il
mio amico, che aveva finito il credito ed era corso a comprarne uno. Ora era tornato, ed aveva
parlato con la direttrice e quindi tutto era risolto. Torno alla via crucis. Appena mi siedo, mi
chiama di nuovo la direttrice per lamentarsi del comportamento scorretto del mio amico. Ma è
solo uno sfogo e in fretta mi dà la buona notte. Ritorno alla via crucis e assisto alla conclusione col
saluto del papa e alla sua benedizione. Mi soffermo a pensare ai due modi di incontro Gesù in
questa notte: con la televisione e col telefono.
Sabato Santo. Andiamo tutti in cattedrale per il canto delle lodi e ufficio delle letture, con i religiosi
e le suore della città. Al rientro in casa trovo tre persone che mi attendono. Il primo è un signore
che desidera provare un paio di occhiali per poter leggere, ma la ricetta che presenta è di forte
miopia. Gli spiego che non ho occhiali con graduazione negativa da miopia, ma poi penso che,
forse, anche per un forte miope, quelli con una graduazione di +1 o +2 potrebbe andare. Ne porto
fuori alcuni esemplari e quando mette quelli di +2, la faccia si illumina: "Con questi, sì che leggo
bene!". Mi ringrazia con effusioe e subito si alza per uscire.
Gli altri due sono due visitatori cronici, che vengono spesso a raccontare le loro cose e per
chiedere poi, alla fine, sempre qualcosa. Dopo mezz'ora buona di conversazione, riesco a far
contento uno di loro dando due cerotti medicati per una ferita sulla faccia. La ferita è già secca e
sulla faccia non si usano medicazioni per quel tipo di suture, basta lavare con acqua e sapone. Alla
fine cedo alle pressioni e gli porto due cerotti detti "pensi rapidi". Quando li vede, mostra tutta la
sua soddisfazione e si alza per uscire. Anche l'altro, che non aveva bisogna di niente, si accoda e se
ne va. Al pomeriggio altre due visite, ma volevano solo una compressa di paracetamol per il mal di
testa.
Oggi, è Pasqua. Quando mi alzo, mi chiedo come verrá oggi Gesù risuscitato? Apro il telefono e
trovo un messaggino di un'infermiera che lavora nel Centro di salute accanto alla chiesa. "Buona
Pasqua, padre. Sono in servizio da ieri mattina alle sette e, stanotte, non mi hanno dato il cambio.
Ho una gran fame! Non è rimasto nulla in casa, della cena di ieri sera?"
La chiamo al telefono e le dico che dopo la doccia, andrò in cucina a cercare qualcosa. Gesù risorto
è venuto così, per telefono!
Trovo una bistecca e riso, mandioca lessa e una fetta di torta. Scaldo al micro onde e preparo un
recipiente. Poi la chiamo perché venga al muro di cinta verso la chiesa, a ritirare il mangiare.
"Arrivo subito!", risponde. Mi avvio verso il muro di cinta e la vedo entrare di corsa dalla porta
che, dalla strada, si apre sul sagrato della chiesa. Prende il sacchetto al volo e corre di nuovo per
tornare indietro al centro di salute.
Ormai è quasi l'ora della messa di Pasqua. Mi preparo con il camice e la stola in un sacchetto e
vado col padre Mario alla chiesa. Mi chiedo sotto che aspetto si presenterà Gesù, al prossimo
arrivo.
Passa l'ora d'inizio della messa. P. Mario comincia a lamentarsi per la mancanza di puntuaità del
celebrante principale. Cerco di ammansirlo: "Oggi è Pasqua di Risurrezione! Non si possono avere
amarezze! ". Poi, d'improvviso si ricorda di non aver portato con sé la maschera anti covid. "Vedi?
il ritardo era per aiutare te!". Si toglie il camice e la stola e corre a casa a prendere la maschera.
Nello stesso momento, in uno degli apparecchi acustici sento il segnale di fine della pila. Metto la
mano nella tasca di dietro dei calzoni: per fortuna c'era la carteira con le pile nuove! Mi siedo su
un banco di cemento e cambio le pile. Torno a sentirci bene! Il padre celebrante entra di corsa dal
fondo della chiesa: " Scusate, scusate! ".
Gesù, questa volta, aveva scelto il modo più gentile e più umile per venire a trovarci: arrivare in
ritardo lui, per dare la possibilità a noi due di arrivare in tempo, per cominciare insieme la messa di
Pasqua!
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Purtroppo la notte del 5-1-2022 è mancata Maria Teresa, la sorella di Padre Aldo, che da sempre ha instancabilmente supportato in ogni modo e fino all'ultimo la sua opera.
Padre Aldo ha preparato una presentazione PPTX con alcune immagini di una visita di Maria Teresa in Mozambico avvenuta alcuni anni fa.
Chi è interessato, può scaricarla in formato compresso cliccando qui. (9.2 MB)
Ecco la comunicazione di Padre Aldo:
Carissimi,
sono riuscito a fare una piccola raccolta delle immagini di Maria Teresa quando visitò il Mozambico (nel 2017, se ricordo bene)
Le ho inviate a 7 indirizzi che avevo in memoria, ma molti altri le desidererebbero. Chiedo aiuto a chi ha indirizzi, per diffonderle. Grazie
Aldo
Il file, dopo la decompressione, può essere visualizzato mediante Microsoft PowerPoint ©, oppure con un visualizzatore freeware scaricabile su questo link
20-1-2021
Due nuovi racconti di Aldo
Quelimane quotidiana (3)
Santo Stefano in ospedale
Mi chiedono in comunità se anche domani, festa di Santo Stefano, andrò in ospedale.
"Certo – rispondo – abbiamo alcune malate operate di recente che devono essere osservate tutti i giorni. E
poi ci sono sempre persone che vengono a chiedere di essere visitate per «favore speciale»".
Anche se Santo Stefano è fra Natale e domenica, in comunità celebriamo le lodi e la messa al mattino
presto
Mi alzo con la speranza che all'uscita dal cancello non ci sia la solita ressa delle persone che vengono a
presentare richieste di ogni tipo. Oggi devo mettere il diesel nel serbatoio e vorrei avere il campo libero.
Non incontro ressa, ma una coppia di genitori insiste perché li lasci salire in macchina colla loro ultima figlia
di un anno e mezzo. Il motivo è che piange molto per il mal di pancia e la frequente diarrea.
Arrivo al distributore di benzina e l'unica pompa libera da lavori in corso è occupata da un signore che sta
riempiendo e firmando documenti.
Mentre aspetto che il cliente davanti finisca, i due coniugi mi vogliono convincere che la figlioletta sta male
e che deve fare l'ecografia per scoprire la malattia che l'affligge. Penso che è meglio accontentarli subito,
per poter cominciare al più presto ad osservare i pazienti internati. L'ecografia è vicino all'entrata
dell'ospedale e, quando apro la porta, scopro con un certo piacere, che l'apparecchio di aria condizionata
era rimasto acceso tutta la notte. Passare dal caldo torrido esterno al fresco dei 18 gradi della sala di
ecografia dà un senso di benessere che oltre che al corpo, fa bene anche allo spirito!
Quando la piccola capisce che deve stendersi sul letto e vede la sonda dell'ecografo, comincia a gridare e ad
agitarsi con urla di paura. Impossibile ottenere collaborazione. Allora la mamma si stende lei sul lettino e
adagia la figlia sul suo addome in posizione supina, identica a quella sua. Questo messaggio è inteso dalla
figlia che si calma sufficientemente. Continuano le grida altissime ma cessano quasi del tutto il tirare calci e
il divincolarsi. Anche il papà collabora per tenerla ferma. Mi colpisce la pazienza con cui i genitori trovano la
soluzione per permettere di fare la ecografia. L'esame corre abbastanza facilmente e riesco a controllare gli
organi essenziali: fegato, vie biliari, vena porta, ilo epatico, aorta, vena cava, reni , milza, vescica e accertare
l'assenza di patologia come tumori o ascite. I genitori assistono estatici e l'ecografia si conclude con
l'assicurazione che la figlia ha tutti gli organi addominali in perfetto stato e quindi le loro paure sono
scoperte infondate. Ancora una volta mi rendo conto del grande potere psicosomatico di questo esame,
che poi completo, come è mio costume, con una relazione scritta dei risultati dell'ecografia. Mestre scrivo
leggo ad alta voce le parole della relazione, che poi firmo; alla fine mi alzo per cercare il timbro nella tasca
dei calzoni e timbro sotto i loro occhi il documento. Sembra poco, ma un timbro ben dato offre una
garanzia che toglie ogni dubbio o discussione.
Arrivo con mezz'ora di ritardo al reparto di chirurgia e subito vado ad osservare le pazienti recentemente
operate, insieme ai miei colleghi.
Subito dopo, l'inserviente che sostituisce il portiere mi presenta sua cugina che sanguina per il retto ed è
preoccupatissima. La faccio aspettare alcuni minuti, finché si liberi la sala di osservazione. Mentre
aspettiamo, arriva una coppia che porta una bimba di due mesi con un ascesso delle parti molli del collo. La
osservo e noto che l'ascesso presenta una buona fluttuazione ed è pronto per essere drenato. Informo il
papà che lo possiamo aprire nel reparto.
Visito la signora del sanguinamento rettale, ma non presenta nessun segnale di allarme; il retto è libero,
senza tumori, ragadi o fistole perianali. Il dito che ha esplorato il retto esce col guanto pulito, senza sangue.
Tranquillizzo la paziente spiegando che per il momento non presenta allarme. Se l'emorragia si ripetesse,
vedremo quali indagini si potranno fare a Quelimane.
Entra la piccola dell'ascesso e mentre prepariamo il necessario, il papà mi dice che ci siamo già conosciuti
quando lui aveva 19 anni e l'operai di appendicite. Lo ringrazio per avermi ricordato il fatto: è sempre bello
ricordare il motivo che ci fece conoscere.
Un po' di anestesia locale e un colpo di bisturi e subito l'ascesso si svuota, con soddisfazione di tutti!
Un'altra signora vuole entrare per essere visitata, perché le duole il muscolo pettorale sinistro quando alza
il braccio o solleva un peso. La osservo e le faccio compiere movimenti opportuni. Mi sembra una semplice
mialgia. Le dico che abbiamo a disposizione solo ibuprofene e paracetamolo.
"ibuprofene l'ho già usato ma non mi ha guarito".
"Se vuole, le potrei prescrivere diclofenac, ma deve comprarlo nella farmacia privata."
"Non ho i soldi necessari".
"Mi scusi, quando ha preso ibuprofene?"
"Tre o quattro mesi fa."
"Non c'è altra scelta che riprovare. Le aggiungo anche paracetamolo insieme."
Si convince a mala pena, ma accetta la ricetta.
Subito dopo entra un'altra signora con micosi interdigitale nei piedi. Le dico che il farmaco che si usa è
clotrimazolo crema. L'informo che non so se ce n'è in farmacia dell'ospedale.
"Mi aspetti qui che vado a sentire in farmacia." Torno con la notizia che è finita. Le dico che lo può
comprare nella farmacia privata, ma che costa molto più dei cinque meticais delle ricette della farmacia
dell'ospedale. Alla fine accetta: è meglio avere in mano la ricetta, perché i soldi potranno apparire.
Questa fila che non finisce mai comincia a stancarmi, ma cerco di usare la pazienza fino alla fine. Ne
arrivano altre tre e poi mi cambio in fretta, perché vorrei arrivare a casa per mangiare con i confratelli, cosa
che durante la settimana non avviene mai.
Vado alla macchina con la solita fila delle donne sedute alla sua ombra, per chiedere sempre qualcosa.
Per fortuna riesco a limitare a brevi parole il discorso e monto in macchina, facendo cenno di non salire per
evitare che mi riempiano le orecchie di lamentele e di richieste durante il tragitto verso casa.
Inaspettatamente non insistono e mi lasciano chiudere la porta, senza che loro aprano le altre tre.
Mi incammino verso casa, soddisfatto, per essere riuscito ad accontentare tutte le persone in tempo per
arrivare per il pranzo. Giro l'angolo e un vigile mi fa fermare per mostrare la patente ed il libretto. Esco
dalla macchina. "La patente ce l'ho nella tasca dei pantaloni e gliela mostro subito, ma devo aprire l'altra
porta per il libretto. Esamina la patente. Tutto a posto. Mi raggiunge dall'altro lato e mi dice "Non occorre
che mi mostri il libretto. Ho visto il suo nome e le dico che anch'io mi chiamo come lei: Marquezinho. Fu lei
a darmi il nome, perché il parto di mia mamma era complicato e lei la operò e nascemmo due gemelli: io e
mia sorella. Mia mamma volle che io mi chiamassi come lei, Marquezinho, per riconoscenza per il felice
esito del parto. Sono passati più di vent'anni ed oggi sono contento, per aver finalmente incontrato la
persona che mi ha dato il nome che porto!"
Quelimane, 26/12/2020
Quelimane quotidiana (2)
Arriva Natale
Mi trovo a Nampula a operare pazienti con fistole vescico vaginali post parto. Molti casi sono difficili:
spesso occorrono alcune ore per una sola. Lascio sempre il telefono in silenzio senza vibrazioni: non mi va
di avere distrazioni, da gente che mi chiama, mentre sono concentrato nei micro particolari di una fistola
difficile. Ho la lampada frontale accesa, che mi illumina il ristretto campo operatorio. Ci vedo che è una
meraviglia, ma il campo visivo è ristretto a soli dieci centimetri e spesso anche meno. Operare una fistola
difficile ha un effetto singolare su di me: i dieci centimetri del campo visivo restringono l'attenzione a quella
dimensione e riducono anche la coscienza, intesa come consapevolezza del mio io, a quella stessa
dimensione. Non mi sento ristretto o diminuito, mi sento che in quel piccolo spazio c'è il mio io tutto
intero!
Alla fine delle operazioni apro la memoria delle chiamate non attese e i messaggi inviati. Ce n'è uno
insistente che viene dalla "vedova di Jovito". Jovito era un ragazzo che avevamo aiutato per parecchi anni,
sempre perseguitato da varie sventure, finché un pomeriggio tornò a casa di corsa dall'ombrellone dove
vendeva ricariche del telefono.
"Sto male!- disse alla moglie- prendo un taxi di bicicletta per l'ospedale". Un'ora dopo il ricovero morì di
malaria. La moglie stava ancora allattando il secondo figlio. Dopo il funerale la vedova ricevette piccoli aiuti
per riuscire ad andare avanti. Il contenuto dei molti sms dice: "Per Natale voglio battezzare l'ultimo figlio.
Chiedo aiuto per comprare stoffa bianca per il vestito del battesimo."
A causa del covid-19 i battesimi dei figli più piccoli saranno anticipati quest'anno alla domenica 20
dicembre. Come faccio ad aiutarla qui da Nampula? Mando copia dell'sms a padre Sandro che gestisce gli
aiuti ai poveri. Mi risponde dicendo di informarla di andare da lui all'inizio della settimana per ritirare un
aiuto.
Appena torno a Quelimane un'altra famiglia viene a chiedere soccorso per comprare panno bianco. Non c'è
nessuna raccomandazione nelle parrocchie per portare i bambini vestiti di bianco. Ho un bel da dire ai
genitori che per il battesimo non ci vuole nessun vestito speciale, ma nessuno riesce a capirlo, neppure i
più poveri.
Il lunedì riprendo il lavoro in ospedale a Quelimane. Ho in programma una grande operazione. Cerco di non
lasciarmi fermare da nessuno nel breve percorso dal reparto di chirurgia alla sala operatoria. Ma appena
volto l'angolo vedo una vecchia conoscenza, in piedi davanti alla porta d'ingresso. È un uomo del
circondario di Quelimane, in lista di attesa per una bicicletta, per poter fare il tassista di bici. Mi dice di
essere stato invitato per andare alla celebrazione del battesimo di un suo nipote.
"Vede padre, ho solo questi vestiti che indosso e sono rammendati e vecchi. Potrebbe vedere se mi trova
un paio di calzoni e una camicia? Non posso andare vestito così ad un battesimo."
"Lei è molto magro. Ho ricevuto abiti da una signora a cui morì il marito. Bisogna che vada a vedere se ci
sono calzoni non troppo larghi. Per la camicia non c'è problema. Ne ricevetti una in regalo, tempo fa, ma
per me era troppo stretta. È ancora nuova e le andrà bene."
"Posso venire con lei a casa sua quando esce dall'ospedale?"
"Non è possibile, bisogna che cerchi e prepari e mi occorre tempo. Faccio un sacchetto e lo porto domani
con me nella borsa.
Dopo l'operazione torno in reparto e mi viene incontro il tecnico di amministrazione Mulaleia con il foglio
degli stipendi per tre inservienti che la congregazione paga da molti anni, perché non avevano certi requisiti
necessari per poter rimanere nel Servizio nazionale di salute ed avrebbero dovuto essere licenziati. Il foglio
in questo mese è uscito in anticipo perché devono ricevere i soldi per tempo, prima della settimana che
precede il Natale.
Il Natale è molto sentito, anche da chi non è cristiano. Negli altri anni c'era il "Natale dei malati", "il Natale
dei carcerati", "il Natale degli scolari", e così via. Quest'anno, con le restrizioni per il Covid-19, tutte le
aggregazioni e le celebrazioni sono sospese. La celebrazione del battesimo nella parrocchia della Sagrada
Família, tuttavia è permessa, perché avviene all'aperto, con maschera per tutti, misurazione della
temperatura a tutti, prima di accedere alla grande tettoia della messa. Le mani sono igienizzate con alcool
ed i posti nei banchi sono segnalati con un metro e mezzo d'intervallo. Ogni partecipante deve lasciare il
suo nome, indirizzo e numero di telefono, per poter essere rintracciato e testato col tampone nasale, nel
caso che uno de partecipanti diventi positivo nei giorni seguenti.
Nessuna luminaria per le strade, nessun addobbo nei negozi , nessun segno di festa sociale visibile,
quest'anno. Però, per lo meno i battesimi dei bimbi nati nell'ultimo anno, questo sì, lo si può e lo si vuole
celebrare! E celebrare con tutta la solennità che il vero Natale di Gesù esige!
Quelimane, 19 dicembre 2020
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17-11-2020
Nuovo racconto di Padre Aldo
Quelimane quotidiana . 1
Torno a casa dall’ospedale abbastanza presto, verso le tre del pomeriggio. È un po' tardi se si vuole, ma in
compenso ho pranzato nella mensa del blocco operatorio. Oggi c'era una "minestra di legumi", che è un
nome generico, usato anche quando non ci sono legumi. Lo si dà a tutte le minestre in cui non ci sono
fagioli, ma un fondo di varie verdure più o meno amalgamate e triturate. È una minestra pastosa, non
brodosa, che, di fatto, non è un gran che, specie quando non è ben calda. Tuttavia gode di un gran prestigio
tra i lavoratori del blocco operatorio. Io, più di un terzo non riesco a mangiarne, e offro i due terzi sempre
come un dono molto gradito a chi è al punto giusto per poterla mangiare. La pietanza, invece, era proprio
buona, riso bianco più una tigella di fagioli caldi e saporiti, impreziositi da foglie di cavolo ed altre verdure
con un "molho" a base di fagioli borlotti, cotti al punto giusto con un po di cipolla e aglio.
In casa mi sta aspettando il tecnico Antonio, per accompagnarmi a visitare una paziente in condizioni
preoccupanti, "con la pancia molto grossa e le gambe gonfie". Mi chiedo cosa potrà essere e, immaginando
una causa di insufficienza cardiaca, prendo con me lo stetoscopio e l'apparecchio automatico della
pressione.
"La paziente vive dentro la città, abbastanza vicino alla Sagrada, nel quartiere Brandão. Arriviamo in dieci
minuti, dottore." Dice il tecnico Antonio.
Il quartiere Brandão inizia con una strada di mercato, con andirivieni in tutte le direzioni e macchine che
tentano di procedere con estrema prudenza in mezzo a quella confusione. Dopo tre o quattrocento metri
cominciano tre vie sterrate che si infilano tra palme da cocco e capanne. Il fondo è di terra con avvallamenti
continui, a volte nella direzione del cammino, a volte in senso trasversale. L'abitazione a cui siamo diretti ha
un'entrata accogliente, con una piccola spianata e poi si devia verso la parte più privata dell'abitazione, con
verande più lunghe e chiuse fino all'altezza de fianchi.
Girato l'angolo ci attende una specie di sorpresa architettonica: una stanza di circa tre metri di lato e tre di
altezza: un elegante cubo dalle pareti completamente costituite da stuoie nuove, di un giallo brillante, che
danno l'impressione di un salotto destinato alle visite, eretta, o meglio, appoggiata su uno spiazzo tra le
capanne. La nostra malata vi passa la maggior parte del giorno, perché è un luogo fresco e luminoso.
La signora sta seduta con le gambe distese su stuoie, appoggiata con la schiena contro la parete del salotto.
Il marito ci mostra alcuni fogli, ricevuti nei quattro giorni passati nellospedale centrale di Quelimane, dopo
i quali lhanno rimandata a casa, perché stazionaria. Tra i fogli trovo la relazione dell'ecografia che descrive
la presenza di una grande ascite e di alcune masse nel contesto del fegato, dal significato di tumore
maligno. L'addome è molto voluminoso e le gambe sono gonfie. Riferisce che le hanno fatto una
paracentesi ed hanno tolto tre litri di liquido, ed ora respira meglio.
Ormai la diagnosi è fatta, come pure una prima terapia palliativa. Mi pare che non sia il caso di farla
distendere per esaminare l'addome. Restiamo a parlare ed io spiego con parole semplici la dolorosa verità,
ma senza drammatizzare. Le chiedo come va con i dolori. Ci sono, ma ancora sopportabili e non continui.
Può andare ancora avanti con l'aiuto del paracetamolo.
Non posso fare gran che, per la malata ed i familiari. Tuttavia sono ora informati della reale condizione della
malattia e ne sono grati. Quante volte ho constatato che lo spiegare la verità della malattia è forse l'aiuto
più desiderato, perché libera dall'angoscia che l'incomprensibile porta sempre con sé per lo spirito umano.
Salutiamo la malata, il marito ed i familiari e ritorniamo a casa, riattraversando la confusione del mercato
del Brandão. Arrivati a casa, alla Sagrada Família, saluto il tecnico Antonio e gli dico che l'indomani suo
suocero sarà dimesso dallospedale, dove l'ho operato per due fistole perianali. Come sarà possibile fare
per portarlo a casa? Combiniamo che verrà in bicicletta, ad aspettarmi in casa per quando tornerò
dallospedale. Poi andremo a prenderlo con la mia macchina per portarlo fino alla casa del tecnico Antonio.
Il suocero vive a Marrongane, di là da un piccolo fiume che bisogna attraversare in barca. È necessario
perciò che si fermi alcuni giorni in casa sua. È un po imbarazzato.
"Ormai ho finito il mio salario, perché ogni mese devo restituire mille meticais per pagare il prestito avuto
per ricomprare la bicicletta che mi hanno rubata, del valore di seimila meticais. In casa c'è rimasta solo la
farina. Devo comprare pesce e fagioli, ed ora avrò ospite anche il mio suocero. Chiedo al dottore un aiuto,
per favore. Per lo meno 500 meticais. Sono molto alle strette. Se potesse prepararli per domani le sarei
molto grato!" ( n.b. attualmente 1 euro= 79,9 meticais quindi 500 meticais = circa 6 euro )
Quelimane 10/11/2020
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 PER I VERSAMENTI a Padre Aldo Nuovo Conto
M.S.A
IBAN: IT 69 Y 01015 01600 000 070680024
BIC: BPMOIT22XXX
Presso il Banco di Sardegna
Si prega di aggiungere nella causale il proprio indirizzo a cui inviare la ricevuta per gli sgravi fiscali
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Adozioni a distanza
ad oggi le adozioni confermate negli orfanotrofi di Quelimane, Gurue e Lioma, sono
167
grazie ai generosi padrini
vai alla pagina delle adozioni
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Come destinare a padre Aldo il 5 ‰

Caro visitatore, ti ricordiamo che puoi destinare il tuo 5‰ per un aiuto medico a MSA (Medical Support for Africa), che supporta la preziosa opera medica di Padre Aldo Marchesini nella sua attività in Mozambico.
guarda come fare per il 5 ‰..
Nella prestigiosa rivista di cinema 'Duellanti' è stata pubblicata una pagina per invitare i lettori a destinare il 5 per mille alla onlus che
sostiene Padre Aldo. Invitiamo i visitatori a scaricare il volantino, a stamparlo ed a diffonderlo. Grazie
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Newsletters di Padre Aldo
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