17-11-2020
Nuovo racconto di Padre Aldo
Quelimane quotidiana . 1
Torno a casa dall’ospedale abbastanza presto, verso le tre del pomeriggio. È un po' tardi se si vuole, ma in
compenso ho pranzato nella mensa del blocco operatorio. Oggi c'era una "minestra di legumi", che è un
nome generico, usato anche quando non ci sono legumi. Lo si dà a tutte le minestre in cui non ci sono
fagioli, ma un fondo di varie verdure più o meno amalgamate e triturate. È una minestra pastosa, non
brodosa, che, di fatto, non è un gran che, specie quando non è ben calda. Tuttavia gode di un gran prestigio
tra i lavoratori del blocco operatorio. Io, più di un terzo non riesco a mangiarne, e offro i due terzi sempre
come un dono molto gradito a chi è al punto giusto per poterla mangiare. La pietanza, invece, era proprio
buona, riso bianco più una tigella di fagioli caldi e saporiti, impreziositi da foglie di cavolo ed altre verdure
con un "molho" a base di fagioli borlotti, cotti al punto giusto con un po di cipolla e aglio.
In casa mi sta aspettando il tecnico Antonio, per accompagnarmi a visitare una paziente in condizioni
preoccupanti, "con la pancia molto grossa e le gambe gonfie". Mi chiedo cosa potrà essere e, immaginando
una causa di insufficienza cardiaca, prendo con me lo stetoscopio e l'apparecchio automatico della
pressione.
"La paziente vive dentro la città, abbastanza vicino alla Sagrada, nel quartiere Brandão. Arriviamo in dieci
minuti, dottore." Dice il tecnico Antonio.
Il quartiere Brandão inizia con una strada di mercato, con andirivieni in tutte le direzioni e macchine che
tentano di procedere con estrema prudenza in mezzo a quella confusione. Dopo tre o quattrocento metri
cominciano tre vie sterrate che si infilano tra palme da cocco e capanne. Il fondo è di terra con avvallamenti
continui, a volte nella direzione del cammino, a volte in senso trasversale. L'abitazione a cui siamo diretti ha
un'entrata accogliente, con una piccola spianata e poi si devia verso la parte più privata dell'abitazione, con
verande più lunghe e chiuse fino all'altezza de fianchi.
Girato l'angolo ci attende una specie di sorpresa architettonica: una stanza di circa tre metri di lato e tre di
altezza: un elegante cubo dalle pareti completamente costituite da stuoie nuove, di un giallo brillante, che
danno l'impressione di un salotto destinato alle visite, eretta, o meglio, appoggiata su uno spiazzo tra le
capanne. La nostra malata vi passa la maggior parte del giorno, perché è un luogo fresco e luminoso.
La signora sta seduta con le gambe distese su stuoie, appoggiata con la schiena contro la parete del salotto.
Il marito ci mostra alcuni fogli, ricevuti nei quattro giorni passati nellospedale centrale di Quelimane, dopo
i quali lhanno rimandata a casa, perché stazionaria. Tra i fogli trovo la relazione dell'ecografia che descrive
la presenza di una grande ascite e di alcune masse nel contesto del fegato, dal significato di tumore
maligno. L'addome è molto voluminoso e le gambe sono gonfie. Riferisce che le hanno fatto una
paracentesi ed hanno tolto tre litri di liquido, ed ora respira meglio.
Ormai la diagnosi è fatta, come pure una prima terapia palliativa. Mi pare che non sia il caso di farla
distendere per esaminare l'addome. Restiamo a parlare ed io spiego con parole semplici la dolorosa verità,
ma senza drammatizzare. Le chiedo come va con i dolori. Ci sono, ma ancora sopportabili e non continui.
Può andare ancora avanti con l'aiuto del paracetamolo.
Non posso fare gran che, per la malata ed i familiari. Tuttavia sono ora informati della reale condizione della
malattia e ne sono grati. Quante volte ho constatato che lo spiegare la verità della malattia è forse l'aiuto
più desiderato, perché libera dall'angoscia che l'incomprensibile porta sempre con sé per lo spirito umano.
Salutiamo la malata, il marito ed i familiari e ritorniamo a casa, riattraversando la confusione del mercato
del Brandão. Arrivati a casa, alla Sagrada Família, saluto il tecnico Antonio e gli dico che l'indomani suo
suocero sarà dimesso dallospedale, dove l'ho operato per due fistole perianali. Come sarà possibile fare
per portarlo a casa? Combiniamo che verrà in bicicletta, ad aspettarmi in casa per quando tornerò
dallospedale. Poi andremo a prenderlo con la mia macchina per portarlo fino alla casa del tecnico Antonio.
Il suocero vive a Marrongane, di là da un piccolo fiume che bisogna attraversare in barca. È necessario
perciò che si fermi alcuni giorni in casa sua. È un po imbarazzato.
"Ormai ho finito il mio salario, perché ogni mese devo restituire mille meticais per pagare il prestito avuto
per ricomprare la bicicletta che mi hanno rubata, del valore di seimila meticais. In casa c'è rimasta solo la
farina. Devo comprare pesce e fagioli, ed ora avrò ospite anche il mio suocero. Chiedo al dottore un aiuto,
per favore. Per lo meno 500 meticais. Sono molto alle strette. Se potesse prepararli per domani le sarei
molto grato!" ( n.b. attualmente 1 euro= 79,9 meticais quindi 500 meticais = circa 6 euro )
Quelimane 10/11/2020